Inauguro il blog del 2017 parlando di una mia recente esperienza, cioè della partecipazione al Buy Tourism Online di Firenze. Si tratta di una fiera sul turismo online che gode ormai di importanza a livello nazionale e che si è svolta a cavallo tra novembre e dicembre presso la Fortezza da Basso di Firenze.

Nel 2008 avevo scoperto il BTO per puro caso, passando di fronte alla famosa Stazione Leopolda proprio nei giorni in cui si teneva la prima edizione. Non ho potuto partecipare per motivi di tempo, ma ciò mi ha permesso di conoscere questa manifestazione e di esserci quindi all’edizione successiva. Sono tornato poi anni dopo quando già si era spostata alla Fortezza da Basso.

In questo articolo parlerò di alcuni degli interventi a cui ho preso parte, segnalando chiaramente quelli che ho ritenuto più interessanti e degni di nota.

La poetica dei perché

La parola chiave di BTO quest’anno è stata “WHY!”. Gli organizzatori hanno quindi deciso di dedicare questa edizione ai viaggiatori, esortando gli operatori del settore a concentrarsi non tanto sul come, quanto sui perché della presenza turistica nella propria destinazione e in Italia in genere, lasciando momentaneamente da parte il focus sulle questioni prettamente commerciali. Se questo obiettivo sia stato raggiunto non sta però a me dirlo! 😉

Tutta la main hall è stata dedicata a questa tematica. Personalmente ho seguito l’intervento di apertura di Paolo Iabichino, già direttore Creativo Esecutivo del Gruppo Ogilvy & Mather Italia, nonché autore del libro Invertising.

Successivamente ho avuto modo di partecipare all’intervento dedicato al Revenue Management introdotto da Nathaniel Green di Duetto, a cui è seguita un’interessante tavola rotonda con altri personaggi internazionali del settore.

L’intervento di Nathaniel è partito da un dato di fatto che è sotto gli occhi di tutti, cioè il continuo aumento della quota di mercato dalle OTA, ovvero tutti i portali di intermediazione come Booking.com, Airbnb e altri. Questi portali si possono permettere enormi budget pubblicitari e riescono così a fidelizzare il cliente, che risulta oggi poco propenso a cambiare il fornitore da cui si serve. Si calcola infatti che circa il 25% dei viaggiatori usino solo le OTA per prenotare i loro soggiorni.

Per riuscire a invertire questa tendenza, il singolo hotel deve lavorare soprattutto sul proprio brand, con l’obiettivo di migliorare la fedeltà dei suoi clienti. Tra le altre cose, il sito dell’hotel deve essere estremamente facile da utilizzare, soprattutto per quanto riguarda l’inserimento della prenotazione. Deve inoltre proporre delle offerte vantaggiose e possibilmente con tariffe il più possibile personalizzate. Per Nathaniel infatti il futuro del settore travel sta proprio nella personalizzazione del prezzo: è necessario concentrarsi non tanto sul motivo per cui il le persone viaggiano, bensì su quanto queste possono spendere.

La trasformazione di Airbnb

Ho seguito, anche se solo parzialmente, l’intervento di Matteo Stifanelli, Country Manager per l’Italia di Airbnb, che ha illustrato le novità del colosso statunitense già presentate al recente Airbnb Open di Los Angeles.

La più importante di queste non poteva che essere quella delle Esperienze, proposte grazie alla nuova piattaforma Trips: accanto al core-business relativo all’affitto di camere e appartamenti, Airbnb ha introdotto una nuova sezione relativa alle esperienze, dove gli host suggeriscono le attività locali a pagamento per gli ospiti. La nuova era di Airbnb è quindi all’insegna delle tre P: people, places and passions. A tutto ciò poi si dovrebbero aggiungere in futuro anche i voli e altri servizi.

Questa importante iniziativa non mancherà di attrarre la dovuta attenzione, dati i grandi numeri che il portale ha fatto e sicuramente continuerà a fare per un bel po’ di tempo.

A margine di questo intervento, devo però rilevare che gli esperti di marketing e brand hanno storto il naso di fronte a quella che potrebbe essere una perdita di focus della compagnia. Il brand Airbnb è infatti legato essenzialmente al concetto di casa in affitto: tutto quello che allontana da questo può portare nel lungo periodo ad un indebolimento del loro brand. Questo è almeno quello che ho capito studiando il brand positioning grazie a personaggi come ad esempio Frank Merenda che ha introdotto in Italia gli studi di guru americani come Al Ries.

Le estensioni di linea sembra siano uno dei migliori passatempi di molte grandi multinazionali, a cominciare ad esempio dalla Coca Cola. Difficilmente un singolo passo falso porterà un colosso alla rovina, ma nel lungo periodo errori del genere possono contribuire a indebolirlo.

Il botto dei Bot

Ho apprezzato anche l’intervento di Sergio Cagol su un tema che al giorno d’oggi è da considerarsi assolutamente pionieristico, ma che potrebbe diventare interessante nel medio periodo. L’intervento di Sergio è stato sicuramente divulgativo, nonostante la tematica sia assolutamente complessa dal punto di vista tecnico.

Si parte da alcuni assunti sullo stato attuale del web: social network come Facebook, Twitter, Instagram o Snapchat sono degli ambienti assolutamente in salute, nel caso di Facebook senz’altro anche dal punto di vista dell’azienda che lo gestisce. Un dato però deve fare riflettere: recentemente si è registrato un calo del 20% dei post personali su Facebook, segno che le persone si stanno spostando da ambienti pubblici o semi pubblici come i social network a spazi un po’ più privati come possono essere le chat tra cui WhatsApp in primis. Questo tanto più se pensiamo che gli spazi pubblici nei social network sono spesso vittima di troll e hater, che rendono più difficile la conversazione.

Inoltre, il traffico mobile ha da poco superato quello desktop. Chi usa gli smartphone fa largo uso delle app: non di tutte però, ma solo di alcune ben precise tra le quali le chat hanno un ruolo preponderante.

L’interesse delle piccole aziende può quindi essere quello di cercare di presidiare in qualche modo questi spazi, e questo lo si può fare ad esempio con i Bot, ovvero dei sistemi automatici per interagire con le persone tramite modalità simili a quelle delle chat. Il concetto è stato lanciato per primo da Telegram, che ha introdotto i Bot nel 2015, lanciando nuove funzionalità nel corso del i mesi successivi. Facebook Messenger lo ha seguito successivamente, e sappiamo che è in programma una sua integrazione con PayPal.

Il Bot è un sistema automatico ma ha bisogno di un supporto umano per funzionare al meglio. Si tratta di un canale di comunicazione tecnologico nuovo e necessita ancora di molta sperimentazione. Non esistono per ora in ambito turistico dei casi di successo, e tutto quello che c’è adesso è assolutamente sperimentale. Tra i colossi del settore e spicca Expedia, che però non ha trovato ancora una soluzione per integrare il booking delle camere nel suo sistema automatico in sviluppo.

Se i Bot diventeranno un trend tecnologico di successo, lo scopriremo solo nei prossimi mesi. Da parte mia, certamente seguirò la cosa da vicino.